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Estrogeni

Ormai ben noti da lungo tempo sono gli effetti positivi degli estrogeni sul ciclo del pelo. Tutto ciò e ben dimostrato da quello che avviene ai capelli della donna durante la gravidanza e dopo il parto. Qui i follicoli piliferi prolungano la loro fase di crescita, per cui il numero di capelli che entra in telogen e cade si riduce notevolmente.

La proprietà degli estrogeni di prolungare l’anagen spiega anche la caduta dei capelli che si osserva circa 3 mesi dopo il parto, quando i follicoli che non erano entrati in telogen durante la gravidanza entrano tutti in riposo contemporaneamente.

Al contrario in menopausa, quando i livelli di estrogeni si riducono drasticamente, si osserva spesso una caduta e un diradamento dei capelli con la comparsa di alopecia androgenetica. Gli estrogeni hanno un effetto positivo sul ciclo follicolare in quanto inducono l’inizio e prolungano la durata dell’anagen, con 3 meccanismi sinergici.

Come principale meccanismo ricordiamo l‘effetto antiandrogeno: gli estrogeni inibiscono la 5α-reduttasi e riducono la produzione di DHT, l’ormone responsabile della miniaturizzazione nell’alopecia androgenetica. Inoltre favoriscono la produzione del fattore di crescita per l’endotelio vascolare (VEGF), che a sua volta induce il prolungamento dell’anagen e quindi previene l’entrata in riposo dei follicoli e di conseguenza anche la caduta dei capelli.

Infine stimolano direttamente la proliferazione delle cellule della papilla dermica. Un primo approccio terapeutico del defluvio in telogen androgenetico riservato al sesso femminile potrà quindi basarsi sull’uso di estrogeni per via generale. L’etinilestradiolo viene somministrato di norma dal 5° al 21° giorno del ciclo a dosaggi variabili da 0,01 a 0,1 mg/die.

Gli estrogeni coniugati vengono somministrati a dosi variabili da 0,625 a 2,50 mg al giorno. Questi dosaggi soprafisiologici possono dar luogo ad effetti secondari: metrorragie, melasma del viso, candidosi vaginale, disturbi vascolari ecc… di conseguenza per ridurre gli effetti collaterali sopradescritti, a nostro avviso la terapia con estrogeni nella donna fertile è bene che sia prescritta in associazione con progestativi, allo scopo di ridurre gli effetti secondari. È molto recente in tricologia l‘utilizzo dei cosiddetti “fitoestrogeni”, sostanzialmente isoflavoni estratti dalla soia o dal trifoglio.

Il razionale scientifico della loro assunzione si basa sul sostegno della produzione degli estrogeni nella donna nei periodi della peri-menopausa e postmenopausa. Nelle donne asiatiche è stata rilevata un’incidenza incredibilmente bassa di alopecia androgenetica post-menopausale, evento derivante, probabilmente, da una alimentazione ricca di soia.

La terapia topica con estrogeni meriterebbe una maggiore considerazione. Gli estrogeni sono dotati di un buon assorbimento transcutaneo, valutabile nel 10%-14%, ed il loro uso topico ha in passato dimostrato un effetto sistemico evidente. Pur con questa limitazione, il loro utilizzo nel defluvio androgenetico perimenopausale della donna, tenuto conto delle controindicazioni generali all’uso di estrogeni, appare razionale e scevro da effetti indesiderati.

Lo steroide più attivo per uso topico, in senso tricologico, sembra essere il debole estrone a concentrazioni intorno allo 0,02%. L’applicazione topica a tale concentrazione comporta un totale di 0,2 mg di ormone per ml di soluzione; con un assorbimento del 10% (teorico) si potrà valutare la dose assorbita intorno a 0,02 mg e, considerando la potenza dell’estrone per via generale (pari a circa 1/20 di quella dell’estradiolo), si deduce come questo assorbimento (pari come attività ad una dose di 0,001 mg di estradiolo) potrà essere accettato come sicuro.

L’estrogeno ideale in senso tricologico potrebbe essere identificato nell’estrone solfato; questo è certamente utilizzabile dal follicolo pilifero corredato di solfatasi ed in grado di trasformarlo in estrone, ma è completamente inattivo se assorbito come tale dal circolo sistemico, poiché privo di effetti sistemici, l’uso topico di estrose solfato è possibile anche nel maschio. Il presupposto teorico della terapia è che l’alopecia androgenetica di tipo femminile sia dovuta a scarsa impregnazione estrogenica dei follicoli del cuoio capelluto.

È degno di nota precisare che non si sono mai avute segnalazioni di effetti collaterali dovuti ad azione generale degli estrogeni: a questo è imputabile il fatto che la soluzione impiegata contiene principalmente estrone solfato, ovvero uno steroide biologicamente inattivo e utilizzabile solo da tessuti muniti di solfatasi e, quindi, in grado di desolfatarlo, come appunto il follicolo pilifero e/o l’intestino (possibile la somministrazione orale).

Molto promettente è l’impiego del 17α-estradiolo, un isomero sintetico del 17β, è ormonalmente inattivo e, può essere prescritto anche all’uomo. Il 17α-estradiolo non solo diminuisce la formazione di DHT ma, attivando l‘enzima aromatasi, trasforma una parte di testosterone in estradiolo, un ormone utile nel reprimere i geni della calvizie e nel favorire direttamente la ricrescita. Queste acquisizioni sperimentali hanno aperto nuove prospettive sull‘applicazione degli estrogeni per via topica e cominciano solo adesso ad essere considerate e valutate con la giusta attenzione.
In Germania sono già entrate in commercio, in forma di lozione, le prime specialità farmaceutiche a base di 17α-estradiolo. In Italia, viene prescritto da alcuni medici in preparazioni galeniche in concentrazioni che vanno dallo 0.015% allo 0.1%.

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